Torta zebrata. Quando le dimensioni contano

Torta zebrata. Quando le dimensioni contano

Ci sono diversi stratagemmi che la gente usa per addormentarsi. Anche io ne ho alcuni: mi racconto storie, spesso cambio i finali perchè non sempre ho lo stesso stato d’animo della notte precedente; talvolta cerco di ricordarmi a memoria le note di un brano che sto studiando (con il rischio di andare ancora più nel panico quando mi accorgo che mi sono dimenticata una battuta); altre volte sto ad ascoltare i rumori fuori (ma solo quando piove).
Un’altra cosa che faccio spesso è cercare di risolvere i grandi misteri della vita e dell’universo, e tra tutti uno, a caso: ma come mai la torta zebrata mi viene sempre a punta come se fosse il Vesuvio? Questa ricetta l’ho fatta già diverse volte, perchè è perfetta per la colazione. Bella umida e soffice, con una particolare decorazione che mette allegria – e, credetemi, alcune mattine hanno proprio bisogno di una colazione che metta il buonumore.

Però le ultime volte mi veniva sempre modello Vesuvio. Un bel cono che esplodeva sulla sommità. Comunque buona, ma bruttina e non fotografabile. La realtà è che seguivo una ricetta che avevo trovato in un opuscolo che, secondo me, avrà una quarantina di anni, e che ancora gira tra i libri di cucina della mia mamma. E’ il famigerato (ogni tanto ne parlo, perchè è una vera miniera) inserto pieghevole di un settimanale famoso negli anni Ottanta che si chiamava Bella, e che ormai non esiste più. Oltre a dare consigli per praticamente tutto (smacchiare, pulire, sistemare) c’è una sezione di cucina con qualche ricetta semplice ma ottima.
Anche alla mia mamma le torte di quell’opuscolo venivano sempre a Vesuvio, anche se non avevano mai visto Napoli. C’è da dire che l’armamentario della cucina di casa nostra, in quanto a pasticceria, lasciava assai a desiderare. C’era una sola teglia, in alluminio, che durante il trasloco aveva preso così tanti colpi che era piena di bozzi, e il fondo si era pure un po’ incurvato. Davo la colpa a questa forma assurda del fatto che proprio le torte non riuscivano a lievitare bene e venivano tutte appuntite. In realtà, la verità è che il primo problema stava nella ricetta, che non sdava la dimensione della teglia.

L’istruzione “prendete una teglia” è tanto vaga quanto chiedermi se ricordo il teorema di Pitagora. Vagamente, diciamo.
In realtà, le misure sono molti importanti quando si fanno dolci. Temperature, ma anche teglie. Avendo quasi sempre usato una teglia da 22 cm, che è poi il passe-partout di quasi ogni ricetta (ribadisco “quasi”), compariva il famoso vulcano. Obiettivamente brutto.

Così ho voluto provare nuovamente la ricetta, cambiando la teglia. E sono arrivata a 25 cm. Secondo me, qui va bene una teglia da 26 cm con queste quantità, ma direi che ci siamo quasi. La Torta Zebrata fatta così è quasi perfetta. Se amate i dolci da credenza come me, non vi resta che provarla. E buona colazione!

Torta Zebrata (per una teglia da 26 cm)
Ingredienti:
300 g farina 00
250 g zucchero semolato
4 uova medie
16 g lievito per dolci
1 bustina vanillina
250 ml latte
100 ml olio di semi
due cucchiai colmi di cacao non zuccherato

Procedimento:
Prendete una ciotola e montate, con l’aiuto delle fruste elettriche, lo zucchero con le uova (intere).
Successivamente, sempre con le fruste in funzione, unite l’olio e poi il latte (non freddo, mi raccomando).
Setacciate la farina e la vanillina, e unitela alle uova montate con lo zucchero. Potete anche usare le fruste per amalgamare il composto, l’importante è che le fruste siano alla velocità più bassa.
Setacciate poi per ultimo anche il lievito e mescolate.

Dividete l’impasto in due, e in una delle due parti unite anche il cacao setacciato. Mescolate bene per evitare i grumi.

Prendete la vostra teglia da 26 cm di diametro; foderatela con della carta forno.
Mettete poi al centro della teglia tre cucchiai dell’impasto chiaro, e poi al centro di questo due cucchiai dell’impasto scuro. Poi ancora tre cucchiai di impasto chiaro al centro di quello scuro e poi due cucchiai di quello sciro al centro dell’impasto chiaro.

Andate avanti così ad alternare i due impasti fino al loro esaurimento.

Infornate la vostra Torta Zebrata nel forno già caldo a 180 gradi (statico) e cuocete per circa 30 minuti.
Date un’occhiata sempre, perchè ogni forno è diverso dall’altro.
Mettete la torta nel ripiano medio basso del forno e fare sempre la prova stecchino. Se esce pulito, allora la torta è pronta.
Nel caso vedeste che i bordi di scuriscono ma la torta è cruda al centro, copritela con un foglio di alluminio, in modo da evitare che si bruci sopra mentre finisce di cuocere.

Torta di fragole e ricotta… e poesia

Torta di fragole e ricotta… e poesia

La scorsa settimana, quasi per gioco, ho lanciato su Instagram una mini rubrica, che ho chiamato con eccessiva prosopopea #unlibrounaricetta. Non sono particolarmente nota per i miei hashtag, anzi. Però questa volta ho ricevuto commenti abbastanza incoraggianti, che mi hanno spronato a sfrugugliare ancora nella mia libreria alla ricerca di qualcosa di nuovo.

Tra i libri che sto leggendo non sempre trovo qualche ricetta accattivante che è la protagonista del libro, oppure un felice incidente (alcuni sceneggiatori americani lo chiamano anche meet cute) da cui si dipana la storia. Ma da qualche tempo ho sul comodino un libro molto grazioso, scritto da Erri De Luca, notissimo scrittore napoletano, che si intitola Spizzichi e Bocconi. E’ un poetico viaggio nella sua storia attraverso odori, sapori, consistenze e tanti, tantissimi ricordi. Chi conosce De Luca, forse sarà rimasto spiazzato dal libro (che contiene anche degli interventi di un nutrizionista biologo che, come un contrappunto, riprende e amplia scientificamente le storie alimentari narrate nel libro).
Leggendolo bene, o rileggendolo come è capitato a me, la poetica e lo stile di De Luca escono anche da semplici narrazioni di ragù, osterie, pane e acqua… e una torta di fragole.

Nel libro non c’è la ricetta della torta, ma il ricordo di essa, e della paletta d’argento usata per servirla in tutti i compleanni della sua infanzia. Essendo anche io di maggio come De Luca, capisco i suoi ricordi legati alle fragole grosse e profumate, come solo sanno esserlo i frutti di stagione. E ricordo la paletta d’argento, incisa come un merletto, usata per servire le torte dei miei primi compleanni. Quelli in cui si mangiava la Sant’Honoré perchè “era un giorno speciale”, in cui ci mettevamo tutti intorno al tavolino del soggiorno, con i bambini seduti a terra, con tutti i nonni ancora con noi, le candeline che mia cugina insisteva a voler soffiare al posto mio, e la piccola paletta merlettata da cui raccoglievo la panna con il dito.

In onore di “Spizzichi e bocconi” vi propongo una ricetta di Torta di fragole e ricotta veramente facilissima, che potete anche fare con lamponi, mirtilli.. ciò che più vi piace. Si prepara velocemente, e poi fa tutto il forno. Non dovete preoccuparvi più di niente, se non di trovare un buchino per una fettina. Vi assicuro, vale la pena trovarlo.

Torta di fragole e ricotta
Ingredienti (per una teglia da 22 cm):
250 g farina 00
180 g zucchero semolato
3 uova
250 g ricotta vaccina
40 g olio (io uso quello di riso, il sapore deve essere molto dolce)
8 g lievito
la buccia grattugiata di un limone bio
300 g fragole più alcune per la decorazione (se vi va)
un pizzico di sale
zucchero a velo per servire

Preparazione:
Lavate bene le fragole, asciugatele e tagliatele a pezzetti; mettete da parte.

In una terrina capiente montate le uova con lo zucchero semolato fino a che non diventano belle chiare e spumose. Ci vorranno all’incirca 5 minuti.
Unite poi l’olio, sempre con le fruste accese ma a velocità ridotta, e un pizzico di sale.

Dopo l’olio, unite anche la ricotta ben sgocciolata, a due o tre riprese, sempre con le fruste a velocità bassa, e la buccia grattugiata del limone.

Unite poi la farina setacciata con il lievito, e mescolate bene per evitare i grumi.

Infine, unite le fragole, che dovrete aver anche leggermente infarinato prima di gettarle nell’impasto. Amalgamate con una spatola molto delicatamente per evitare di rompere le fragole.

Mettete l’impasto in una teglia da 22 cm già foderata di carta forno. Se volete potete mettere sulla superficie dei pezzetti di fragola aggiuntivi. Poi cuocete in forno a 180 gradi (statico) per almeno 45 minuti.
Il tempo di cottura varia un po’ in questa torta, perchè dipende dalla succosità delle vostre fragole. Potrebbero volerci anche un dieci/quindici minuti in più.

La torta è cotta quando lo stuzzicadenti uscirà pulito.

Lasciate raffreddare nella teglia, poi decorate con zucchero a velo.

Avendo frutta fresca nell’impasto, per conservarla ed evitare muffe sarebbe meglio metterla coperta in frigorifero, e consumarla entro pochi giorni.

Dorayaki e il Giappone, secondo me

Dorayaki e il Giappone, secondo me

Della mia passione per la letteratura giapponese moderna ne ho già parlato qui. Vive dentro quelle parole una spiritualità che non è quella Occidentale. C’è una specie di dialogo ricorrente e mai interrotto tra la vita del mondo e quella di un altro mondo, tra la dimensione onirica e la realtà, tra il caso e il senso delle cose della vita.
Tutto guidato da un filo rosso che non si spezza.
Le cose non “capitano”, le cose avvengono perché ne abbiamo bisogno. E senza scomodare divinità o forze sovrannaturali, ma seguendo la natura del mondo, che è insieme molto terrena e molto ultra-terrena.

Vabbè, non so se vi ho convinto, ma comunque non era questo l’intento.
Era solo l’occasione per dire che finalmente sono riuscita a finire Le ricette della signora Tokue, un libro che ho iniziato e interrotto almeno dieci volte. Non perché non fosse bello; semplicemente, mi mancava il tempo. Adesso che sono tornata a frequentare i mezzi pubblici, mi avvinghio con una mano ai pali anticaduta (ma avranno anche loro un nome, no?) e con l’altra reggo i miei fedeli libri. Tutti quelli che negli ultimi tre anni non ho finito, perchè obiettivamente le vacanze sono troppo corte, e leggere mentre si guida.. non si fa.
Adesso che guida un altro, mi immergo nelle mie storie, che molto spesso mi parlano di Giappone.

Potreste pensare che ho un anelito verso questo Paese, o che l’ho visitato. Né l’una né l’altra cosa. Non ho mai avuto occasione di visitare il Giappone. Quando ci sarebbe stata la possibilità di andarci per lavoro, ci è andato chiunque tranne me, per la solita mia fortuna sfacciata. E le mille milioni di ore di aereo non mi rendono allettante il viaggio (soffro il mal d’aria, ahimè).
Però, per una ragione che non mi spiego, leggo tantissimi autori giapponesi moderni che, guarda caso, spesso parlano di cibo. Ma il cibo che non solo riempie lo stomaco, ma cura anche le ferite dell’anima.

I Dorayaki sono i protagonisti del libro, e sono insieme un riscatto di due paria della società. E di una ragazzina molto sola. Vi lascio l’idea di leggere il libro per scoprire perché. Però qui vi metto la ricetta dei Dorayaki alla mia maniera, che è molto occidentale perchè non solo non ho trovato il mirin, ma non sono nemmeno riuscita a trovare i fagioli azuki per fare la confettura, che è l’anima veramente giapponese dei dorayaki. Insomma, alla fine non sono proprio quelli del libro.
Però sono buoni, e sono alla portata di tutti. Comunque anche in Giappone oltre alla marmellata di azuki li farciscono con la crema pasticcera alla francese, quindi direi che non sono così lontana dalla ricetta originale.

Dorayaki (per 3 pezzi)
Ingredienti
110 gr farina 00
30 gr zucchero semolato
mezzo cucchiaino di miele
un cucchiaino di lievito
2 uova
50 ml latte
Nutella per farcire (ma anche crema pasticciera, marmellata..)

Preparazione
In una ciotola, rompete le uova e sbattetele rapidamente con lo zucchero e il miele.
Aggiungete la farina e il lievito setacciati, aggiungete anche il latte e mescolate con la frusta fino a che il composto non risulterà setoso e privo di grumi.
Fate riposare l’impasto 20 minuti, coperto da un canovaccio.

Scaldate una padella, ungetela leggermente con un filo di olio, e quando è ben calda mettete una cucchiaiata di impasto.
Appena si formeranno delle bollicine sulla superficie, potete girare dall’altra parte per qualche minuto.
Esattamente come per i pancakes.

Mettete un generoso cucchiaino di nutella sulla superficie di un pancake ancora caldo, e chiudetelo con un altro, premendo bene sui bordi per farli aderire.

A me piacciono ancora tiepidi, sono una vera goduria!

Granola vegana alle mele, ovvero perdere la testa per una ricetta facilissima

Granola vegana alle mele, ovvero perdere la testa per una ricetta facilissima

Ditemi, quante volte avete comprato la granola al supermercato? Sapete quella dentro quelle belle buste colorate di una nota marca di cereali, ce ne sono di gusti diversi – cioccolato, frutta secca, nocciole… una più golosa dell’altra?
Ve lo dico io: centinaia. E, se siete come me, anche migliaia.
Mi piace la granola. La sgranocchio in ogni momento della giornata, non solo a colazione. Quando sento un buchino, quando ho voglia di qualcosa di dolce ma di poco impegnativo, quando… niente, quando ho fame.

Per quanta ne abbia acquistata e mangiata, non l’avevo mai fatta a casa. E non sapete che errore!
Tempo fa sui social era tutto un tripudio di granola, tant’è che mi era sparita perfino la voglia di provarla, da quanta ne avevo vista in giro. Però, come spesso mi accade, appena una ricetta esce dal radar de “lo fanno tutti“, ecco che mi viene la curiosità e la provo.

Questa ricetta l’ho fatta e rifatta un sacco di volte negli ultimi due mesi. Ho provato le temperature, i mix di frutta secca e disidratata, i tempi di cottura. A parte un breve passaggio bruciacchiato, questa ricetta non mi ha mai tradito, e quindi oggi vi lascio le quantità e i passaggi che ho usato l’ultima volta.
Questa versione è quella della Granola vegana alle mele, con cui saluto la stagione autunnale e mi preparo a tirare fuori dagli armadi alberelli di Natale, tagliabiscotti, corone di abeti e nastri a profusione.

Nel mio supermercato ci sono diverse buste pre-pesate con mix di frutta secca e disidratata, e quindi se sono di fretta prendo quelle. Ma potete usare anche i rimasugli dei pacchettini di frutta secca che avete in casa, e anzi è un ottimo modo per realizzare un riciclo magari non tanto creativo, ma sicuramente buonissimo.

Ovviamente potete acquistare la frutta disidratata a parte. Io le mele le ho cotte nella friggitrice ad aria (la mia nuova ossessione): sono diventate delle chips dolcissime e deliziose, che hanno arricchito la mia granola autunnale. Ma basta cambiare stagione perchè facciano capolino fragole disidratate, cocco o ananas.. insomma, una granola per tutte le stagioni, e soprattutto vegana.

Granola Vegana alle Mele
Ingredienti:

Per lo sciroppo:
60 g acqua
60 g sciroppo di agave (potete usare anche lo sciroppo di acacia)
30 g olio di riso (o comunque un olio di gusto non forte)
3 cucchiai colmi di zucchero di canna (ma anche semolato, se non avete l’altro)

Per la granola:
150 g fiocchi di avena
200 g di frutta secca a scelta (nocciole, noci, mandorle, noci pecan, pistacchi… quel che avete va bene)
80 g di frutta disidratata (in questa versione metà quantità sono di uvetta, e l’altra metà chips di mele)

Preparazione:

La Granola Vegana alle Mele è facilissima. Prima di tutto, se usate l’uvetta mettetela a bagno a rinvenire qualche minuto.
Se non usate le chips di mela del supermercato le potete preparare tagliandole a fettine sottilissime (una volta private del torsolo) e cuocendole alla friggitrice ad aria. Le tempistiche variano a seconda della vostra tipologia di fornetto, io le ho cotte a 180 gradi per 5 minuti e a 160 per altri 5. Copritele quando cuociono con qualcosa (io ho usato la grata del microonde) perchè nella friggitrice ad aria… l’aria le fa volare e bruciare!

Mentre l’uvetta di riprende e le mele si raffreddano, tagliate la frutta secca al coltello. Io la faccio di diverse dimensioni, mi piace che in parte sia piccolissima e in parte sia grande abbastanza da scrocchiare sotto i denti. Mettete da parte.

Preparate lo sciroppo, mettendo in una padella abbastanza capiente (dovrà poi contenere l’avena e la frutta secca!) l’acqua, lo sciroppo di agave, lo zucchero e l’olio. Portate a sfiorare il bollore e cuocete per qualche minuto, fino a che non sarà sciolto tutto lo zucchero al suo interno.

A questo punto, versate nello sciroppo caldo i fiocchi d’avena e la frutta secca, e mescolate bene con un cucchiaio per amalgamare il tutto.

Stendete il composto su una teglia coperta di carta forno, cercando di spandere la granola sulla teglia il più possibile e mettete a cuocere in forno già caldo a 175 gradi per circa 25/30 minuti.

Io ogni 5 minuti tolgo la teglia dal forno e rimescolo la granola, per essere sicura che si dori alla perfezione.

Circa 5 minuti prima del termine della cottura, inserisco nella granola anche la frutta disidratata (mela e uvetta ben scolata e strizzata).

Torta alla zucca e mandorle, e un’ode all’autunno

Torta alla zucca e mandorle, e un’ode all’autunno

La fine dell’estate porta con sé quella melancolia delle giornate che si accorciano, delle mattine che si raffreddano, della pioggia e del sole sempre più basso sull’orizzonte.
Tutti a rammaricarsi, a pensare con nostalgia alle serate in riva al mare, al profumo di cocco sulle spiagge, ai prati verdeggianti delle montagne.

L’autunno ha il suo fascino. E’ molto nascosto, sotterrato dal tappeto di foglie colore dell’oro e del rame che scricchiolano, svolazzano, si rincorrono spinte dal vento.
E’ quel raggio di sole all’improvviso che spunta di sbieco e squarcia le nubi.
E’ quella sottile nebbiolina sospesa al mattino, che trasforma prati e strade in un regno magico e ovattato. E’ lo scoiattolo che cerca le ghiande e ne fa scorta in silenzio, scaldandosi agli ultimi raggi di sole.

E’ indubbiamente la stagione più arancione che ci sia. Zucche, le prime arance e i mandarini. I.. sì, quei cosini cinesi che forse fanno qumquat.. kumquat… beh, avete capito.
E’, insomma, quella terra di mezzo dove si rallenta, e si comincia ad ammirare il paesaggio.

Oggi vi propongo una ricetta che più facile di così non si può. Si sporca una sola ciotola, tranne ovviamente il mixer per sminuzzare la zucca, che in questa torta va cruda. Un bel risparmio di tempo, no?
La Torta alla zucca e mandorle è talmente semplice che non può non diventare la vostra preferita di stagione. E’ anche versatile, perché a marzo/aprile potrete sostituire la zucca con le carote e… voilà una bella torta primaverile.
Si presta a un sacco di personalizzazioni, ed è pronta in dieci minuti, oltre il tempo di cottura. Una bella comodità se vi doveste accorgere a fine giornata di non avere nulla per la colazione.
Non ci credete? Allora iniziamo insieme a preparare la nostra Torta alla zucca e mandorle!

Ingredienti (per uno stampo da 18/20 cm):
100 gr di farina integrale (ma potete usare anche la 00)
30 gr di di mandorle
40 gr di mandorle senza pelle
140 gr di zucca cruda (io butternut) già mondata e tagliata a pezzetti
90 gr zucchero
10 gr lievito per dolci
2 uove
50 ml olio delicato (io di riso)
un pizzico di sale

Procedimento:

Prendete le mandorle e sminuzzatele in un mixer fino a formare una farina abbastanza grossolana, e mettete da parte.

Nello stesso mixer mettere la zucca tagliata a pezzetti e frullatela, fino a che non diventa una specie di purea. Unite, a questo punto, anche l’olio e le due uova, e fate andare ancora il mixer qualche minuto, fino a che non diventa un composto liquido e di colore omogeneo.

In una ciotola mettete la farina e il lievito setacciati, e aggiungete la farina di mandorle, le mandorle tritate a farina grossolana e lo zucchero, e mescolate.
Unite ai secchi la parte liquida, e incorporatela con una spatola fino a che non si forma un impasto morbido.

Imburrate e infarinate (o foderate di carta forno) una piccola teglia da 18/20 cm di diametro, e versatevi l’impasto, avendo cura di livellarlo.

Infornate nel forno statico già caldo a 175 gradi per circa 30/35 minuti.
Fate sempre la prova stecchino – se uscirà bello asciutto, la vostra Torta alla zucca e mandorle è pronta. Altrimenti dovrete lasciarla cuocere ancora qualche minuto.

Fate raffreddare e, se vi va, spolveratela di zucchero a velo.

Confettura di pesche nettarine e more e la fine dell’estate

Confettura di pesche nettarine e more e la fine dell’estate

Scrivo sotto il primo vero temporale di agosto. Quello descritto meravigliosamente dalle ultime scene del film “Sapore di Mare” (il primo, correva l’anno 1983), e dal voice over che faceva più o meno così: “Poi, improvvisamente, l’estate finiva. Da Ponente arrivavano grandi nuvole grigie cariche di pioggia, e gli odori acri della pineta si tramutavano in folate di vento freddo”.

Oggi, improvvisamente, è finita anche questa estate. Quella cattiva, dei 41 gradi di giovedì 24 agosto, e del tornado che ha distrutto alberi e tetti del 25 luglio, e del covid che mi ha accorciato le vacanze e mi fa tornare più stanca di quando sono partita. Quella che tra febbre e caldo mi ha fatto sudare anche l’acqua del battesimo.

Ma la fine dell’estate è, per me, anche il momento delle confetture.
Durante le mie estati in Maremma, mi do allo sport estivo più pericoloso per eccellenza, ovvero la raccolta delle more di rovo selvatiche – tra spine, rovi, zanzare, ragni, api, vespe e altri felici insetti, uscirne vivi con un discreto bottino è uno sport che manco una gara di gran fondo… scànsate.

Quest’anno ne ho raccolte un po’, ma non abbastanza per fare una produzione di conserve degna di questo nome. Quindi sono andata di produzione solo casalinga, da consumare quasi istantaneamente. Poiché non avevo comunque abbastanza more selvatiche, ho tentato un matrimonio che si è rivelato eccellente, cioè quello con le pesche nettarine e il limone. Così sono arrivata a riempire due vasetti da circa 330 ml di confettura, che ho già gustato a colazione, ottenendo anche recensioni così lusinghiere che mi hanno convinta a rifarla (pesando bene gli ingredienti!) e a condividere la ricetta.

La Confettura di pesche nettarine e more è la sintesi della stagione estiva, e vi aiuterà a ricordare tutti i sapori di questa stagione calda e piena di luce, anche nei pomeriggi grigi del prossimo inverno.

Prima di iniziare con la ricetta, ricordate che i vasetti per la confettura vanno sterilizzati bene! Io li lavo per togliere la polvere, e poi li metto a bollire coperti di acqua all’interno di una casseruola per almeno 15/20 minuti, e poi li faccio asciugare capovolti su un canovaccio ben pulito (anche i coperchi, i raccomando!).
NB: i coperchi vanno presi sempre nuovi – non si riciclano quelli usati!

Confettura di pesche nettarine e more (per due vasetti da circa 330 ml ciascuno)
Ingredienti:
3 pesche nettarine (le mie le ho pesate sbucciate e denocciolate ed erano circa 390 grammi)
125 gr more (potete usare anche quelle del supermercato)
Un limone bio (dovete usare anche le zeste)
100 gr zucchero di canna chiaro 8va bene anche quello semolato)

Procedimento:
Per preparare la Confettura di pesche nettarine e more lavate prima bene la frutta sotto l’acqua, eliminando eventuali residui. Le more sono molto delicate, quindi fate attenzione. Fatele asciugare tamponandole con un canovaccio oppure con della carta da cucina.
Lavate anche le pesche nettarine, asciugatele, togliete la buccia e il nocciolo e tagliatele a tocchettini.

Mettetele in una piccola casseruola (io uso una casseruola antiaderente), con le more, la buccia del limone tagliata a pezzettoni (mi raccomando, non con la parte bianca perché rederà tutto amaro!), e il succo del limone. Aggiungete anche lo zucchero e mescolate per amalgamare tutti gli ingredienti. Coprite con il coperchio (o un piatto, se il coperchio non lo avete) e mettete in frigo a macerare per un’ora.

Trascorsa l’ora, mettete la vostra casseruola sul fuoco (medio), e mescolate di tanto in tanto. Se vedete che la confettura inizia a fare una schuimetta bianca, potete levarla con una schiumarola.

Cuocete fino a che la frutta non inizia a sfaldarsi. A questo punto, potete togliere la casseruola dal fuoco e passare la confettura al minipimer (se vi piacciono i pezzettoni, potete anche schiacciare la frutta con la forchetta). Rimettete ancora sul fuoco per circa 5 minuti.
Io non lo tolgo il limone (le zeste, ovviamente) perchè mi piace molto incontrare il gusto del limone con pesche e more. Se a voi non dovesse piacere tanto, potreste anche toglierle ora (vi ho fatto lasciare dei pezzettoni apposta, così è più semplice eliminarle).

Io vado un po’ a occhio (lo so, non è molto professionale per una che scrive ricette, ma sono onesta), ma quest’anno ho voluto il provare il metodo empirico delle nonne, che consiste nel versare un po’ di confettura su un piattino freddo da congelatore. Se inclinando il piattino la confettura non scivola via, vuol dire che è pronta per essere messa nei vasetti.

Riempite quindi i vostri vasetti già sterilizzati con la confettura bollente (attenti alle mani!), lasciando un dito dal bordo. Mettete quindi i vasetti a testa in giù a far raffreddare (si formerà così il sottovuoto).

Conservate in un luogo riparato. Poiché non c’è tantissimo zucchero, consiglio sempre di consumarli entro pochi mesi dalla preparazione.

Quadrotti alle pesche e il destino di un blog

Quadrotti alle pesche e il destino di un blog

Torno a scrivere sul blog dopo … beh, un bel po’. E torno con una ricetta che avevo già proposto qui e sui social. Senza volerlo, è da un po’ che sto “riscoprendo” mie ricette, che le rifaccio e le aggiorno, cambio qualche ingrediente, e le testo per vedere se le avevo scritte veramente bene.
Talvolta rifaccio pure le foto, perché le prime – siamo sinceri! – erano davvero improponibili.

Se guardo indietro a questi sei anni di questo blog (perché questo non è il mio primo blog), vedo quanta vita è passata. Quante parole, foto, storie, ricette. Momenti della mia esistenza, come piccole dolci briciole.
Tante briciole.
Minuti preziosi, tempo che ho perso e ritrovato, che ho lasciato andare nelle serate di inverno e nei pigri pomeriggi assolati di luglio.

Scrivere per se stessi, ma anche per qualcuno. Qualcuno che sta dall’altra parte di uno schermo, in un posto chissà dove, a tessere le fila dei suoi pensieri, magari ascoltando questa mia stessa canzone. E se c’è un posto nel tuo cuore

Scrivere per nessuno, perché una volta che schiacci il bottone “pubblica”, di là potrebbe non esserci qualcuno. Se ci fosse qualcuno, magari potrebbe avere qualche pesca nel frigorifero, e voglia di mangiare, domattina, qualcosa di buono. Semplice, leggero, che sa d’estate.

Ripropongo allora i Quadrotti alle Pesche, che mi piacciono sempre tanto, e che si fanno letteralmente in un momento. La dolcezza delle pesche fa tutto; noi, piccoli cuochi caserecci, semplicemente aspettiamo che nel forno si compia la magia.

Il forno.. lo so, fa caldo. Tanto. Questi Quadrotti sono stati fatti in una sera d’estate in cui, finalmente, soffiava una brezza fresca e leggera. Ma il caldo non durerà per sempre, e potete salvarvela questa ricetta, per i giorni delle ultime pesche e degli ultimi tramonti d’estate. Se chiuderete gli occhi, sentirete solo il dolce della bella stagione.

Quadrotti alle pesche
Ingredienti:
270 g farina 00
150 g zucchero semolato
16 g lievito per dolci
3 uova
100 g yogurt greco
60 g olio (io di riso)
1 limone
Qualche pesca

Preparazione:
In una ciotola montate le uova con lo zucchero, fino a che non saranno chiare e avranno aumentato di molto il loro volume. Io lascio andare la planetaria per almeno tre o quattro minuti.

Unite lo yogurt, l’olio la buccia grattugiata del limone e il suo succo, e mescolate ancora con le fruste.

Per ultima, unite la farina setacciata con il lievito, e con l’aiuto delle fruste amalgamatela a bassa velocità, in modo da evitare i grumi.

Prendete le pesche e lavatele bene, senza togliere la pelle.

Tagliatele a metà, privatele del nocciolo, e poi tagliatele a spicchi. Io sono andata a occhio, mezzo centimetro è più che sufficiente.

Mettete l’impasto in una teglia. Potete sceglierne una da 24/26 cm di diametro, oppure una teglia rettangolare di circa 28/30 cm.

Livellate bene l’impasto e poi adagiatevi sopra le fettine di pesca.
Spargete sopra dello zucchero semolato e mettete a cuocere in forno già caldo a 180 gradi per circa 30 minuti.

Ogni forno è un caso a sé, quindi controllate sempre con lo stuzzicadenti prima di sfornare il dolce.
Lasciatelo raffreddare nella teglia, e poi tagliatelo della dimensione che preferite.
Se vi va, spolverate di zucchero a velo.
I Quadrotti alle pesche si conservano in frigorifero tre o quattro giorni.. sempre che ci arrivino!

Buona colazione!

Crostata (quasi) patriottica di frutta alla frolla di riso

Crostata (quasi) patriottica di frutta alla frolla di riso

La crostata di frutta è in assoluto il mio dolce preferito. E’ stata la torta del mio matrimonio, assolutamente in controtendenza, accolta con una smorfia dallo chef (e dalla mia mamma).
Non mi sono fatta impressionare. Per me la crostata di frutta è la quintessenza della dolcezza, non solo in pasticceria. Sa di domeniche in famiglia, di primavera, di burrosità. E’ una torta non pretenziosa, non stucchevole. In una parola – sincera.
Credo che mi rappresenti, è la mia anima gemella dolciaria.

Cambio frutta con il passare delle stagioni, ma lei rimane lì, immutabile nella sua sostanza. Mi sembrava fosse ideale per festeggiare la Festa della Liberazione, e l’avevo pensata e progettata per fare una bella bandiera. Però…
Però il signor supermercato mi ha giocato uno scherzetto, e i kiwi erano così duri, ma così duri che sarei riuscita a giocarci a tennis. Per amor di fotografia avrei anche potuto provarci, ma siccome le cose che cucino poi le mangiamo, non me la sono sentita di mettere a rischio le dentiere di tutti i commensali.

Quindi questa crostata è “quasi” patriottica, ma sicuramente è una Crostata di frutta alla frolla di riso senza glutine. La frolla forse la ho già messa sul blog (la faccio da un sacco) ma ve la ripropongo, insieme a tutte le preparazioni per realizzarla. La ricetta è elaborata perché ci sono tanti passaggi, ma in realtà in sé ogni passaggio è semplice da realizzare.

Io l’ho preparata in due giorni, per permettere alla crostata di prendersi il suo tempo. La frolla di riso è molto friabile, quindi fate attenzione a toglierla dalla teglia. A parte questa accortezza, vedrete che vi divertirete un mondo a realizzarla.

Crostata di frutta alla frolla di riso
Ingredienti (per una crostata di circa 22 cm di diametro):
Per la frolla:
100 g farina di riso
50 g maizena (o amido di mais)
40 g fecola
50 g farina di mandorle (io le ho tritate nel mixer)
90 g burro
80 g zucchero a velo
un tuorlo (di un uovo medio-grande)
un pizzico di sale
la scorza grattugiata di mezzo limone
frutta a piacere (se prendete le banane anche un po’ di succo di limone)

Per la crema pasticcera:
250 ml latte
1 uovo medio
30 g fecola
75 g zucchero semolato
la scorza di mezzo limone e il succo di tutto il limone

Per la gelatina:
150 ml di acqua
3 cucchiai di zucchero
2 cucchiai di maizena
1 cucchiaio di succo di limone

Preparazione:

Iniziamo a preparare la nostra Crostata di frutta alla frolla di riso proprio con l’impasto della frolla. In una ciotola mettete tutte le polveri, lo zucchero, le zeste, il sale e il tuorlo, e iniziate ad impastare. Non avendo glutine, l’impasto farà un po’ di fatica a rimanere insieme, ma con un po’ di pazienza vedrete che ci riuscirete. Se dovesse risultare un po’ difficile da tenere insieme, aiutatevi con un cucchiaio di acqua.
Quando l’impasto sarà liscio, copritelo con la pellicola e lasciatelo raffreddare in frigo almeno un’ora.

Mentre l’impasto raffredda, potete preparare la crema pasticcera.
Scaldate in un pentolino il latte con la scorza del limone tagliata a pezzetti sfiorando il bollore (attenzione alla parte bianca, che la rende amara), e nel frattempo fate sciogliere la fecola con lo zucchero e l’uovo in una ciotola, mescolando con una forchetta. Versate nella crema il latte scaldato (naturalmente togliete le scorzette prima) e, sempre mescolando, rimettete il tutto sul fuoco fino a che non avrà preso la giusta consistenza.
Mi raccomando, continuate a mescolare, meglio con una piccola frusta, per evitare i grumi.
Quando avrà raggiunto la consistenza desiderata, togliete dal fuoco, mettetela in una ciotola e copritela con la pellicola per evitare che si formi in superficie la pellicina.
Fate raffreddare.

Riprendete la frolla al riso, stendetela a uno spessore di circa 6/7 mm e mettetela nella teglia da crostata. Bucherellate il fondo della crostata con i rebbi della forchetta. Cuocete in bianco – posate i pesini o dei fagioli sul fondo della crostata, che avrete coperto con un po’ di carta forno.
La crostata cuoce a 180 gradi per una ventina di minuti.
Fate raffreddare.

Togliete la crostata dallo stampo quando sarà fredda, e riempitela di crema pasticcera fino a quasi il bordo, e coprite la superficie con la frutta che preferite. Io ho tagliato le fragole e le banane (per evitare che annerissero le ho irrorate di succo di limone), ma potete usare i lamponi, le more, i mirtilli, i kiwi… fate voi.

La gelatina non è obbligatoria ma così si mantiene meglio la frutta e sarà proprio come quella della pasticceria. Sciogliete in una ciotolina 50 ml (presi dal totale) di acqua e la fecola. In un pentolino fate sciogliere lo zucchero con i 100 ml di acqua rimanenti, e poi verste all’interno l’acqua con la fecola, e infine il limone.
Fate cuocere sempre mescolando – è pronta quando avrà iniziato a rapprendersi e velerà il cucchiaio leggermente.
Fate raffreddare la gelatina e poi spennellatela sopra la frutta. Lasciate raffreddare.

Plumcake allo yogurt, cocco e limone

Plumcake allo yogurt, cocco e limone

Adoro il limone nei dolci.
Più del cioccolato, più della panna, più di tutto.
In questo blog trovate non so quante versioni di dolci aromatizzati al limone. Limone e lavanda, limone e mandorle, limone e olio di oliva, limone e.. basta.
Quella sua piccola nota dolce e acidula è musica. Nulla profuma la cucina come un dolce al limone appena sfornato.

La ricetta di questo Plumcake allo yogurt, cocco e limone arriva da mille ricette messe insieme, con l’aggiunta di un accento estivo/utilitaristico: dovevo assolutamente utilizzare una confezione già aperta di cocco rapé. Ho pensato che questa ricetta che profuma di limoni e di una promessa di estate fosse una bella ode alla primavera, che quest’anno cade (astronomicamente, si intende) proprio oggi.
Quest’anno la primavera ci è corsa davanti, e già settimane fa hanno iniziato a fare capolino nei giardini dei condomini le margherite di campo, gli occhietti della madonna (ma anche da voi si chiamano così?), fiori bianchi e rosa sugli alberi in mezzo alle aiuole spartitraffico, e soprattutto tante magnolie, che ho scoperto essere a centinaia nei giardini di Milano.

Anche le prime fragole hanno iniziato a fare bella mostra di sé nei supermercati e tra i banchi del mercato. Io però non sono ancora pronta, e forse nemmeno loro (sanno tanto di acqua e poco di fragola). Mi sono quindi concentrata su due sapori freschi e legati, almeno nel mio immaginario, alla stagione più tiepida, preludio d’estate.

Oltre ad essere buonissimo, questo Plumcake ha due caratteristiche che ve lo faranno amare: si sporca solo una ciotola, e resta morbido per diversi giorni grazie allo yogurt. Se volete accentuare il sapore del limone, prendete uno yogurt al limone; viceversa, prendetene uno al cocco. Se siete in dubbio tra i due, uno classico bianco, o alla vaniglia, andrà bene lo stesso!

Plumcake allo yogurt, cocco e limone
Ingredienti:
250 g farina 00
180 g zucchero semolato
50 g fecola di patate
10 g lievito per dolci
3 cucchiai da minestra di cocco rapé (o farina di cocco)
2 uova
2 vasetti di yogurt (in tutto sono 250 g) di vostra scelta
140 ml olio di semi (o di riso)
zeste grattugiate di 2 limoni
succo di un limone (io l’ho misurato il mio erano circa 60 ml)

Preparazione:
Mettete in una ciotola abbastanza capiente lo zucchero, sgusciatevi all’interno le uova e sbattetele leggermente con una frusta a mano.
Unite quindi lo yogurt, le zeste dei limoni e il succo, e continuate a mescolare con la fusta a mano. Infine, inserite anche l’olio a filo, sempre mescolando con la frusta.

Solo a questo punto unite le polveri (farina, lievito e fecola) che devono essere sempre setacciati bene. Setacciare le polveri è importantissimo, perchè inizia a far incorporare nell’impasto l’aria, che aiuterà la lievitazione e contribuirà a mantenere soffice il vostro dolce.

Amalgamate bene il vostro impasto, e per ultimo unite i tre cucchiai di cocco rapé.

Date un’ultima mescolata decisa con la frusta a mano per amalgamare il tutto.

Prendete uno stampo da plumcake, rivestitelo con carta forno e versatevi l’impasto.

Fate cuocere a forno già caldo a 180 gradi per circa 45 minuti (controllate comunque con lo stecchino – se ne uscirà pulito, il dolce è pronto). Se la superficie dovesse scurirsi troppo, potete coprirla con un foglio di alluminio.

Sformate il plumcake quando sarà almeno un po’ tiepido. Servitelo così, in purezza, con una semplice spolverata di zucchero a velo.

Brioches al miele e il primo weekend di primavera

Brioches al miele e il primo weekend di primavera

No, non guardare il calendario. Quello appena trascorso è stato un weekend di primavera in anticipo, un regalo inaspettato di questo pazzo tempo. Cieli tersi, fresco al mattino, tepore al pomeriggio. Il tempo perfetto per rallentare un attimo, perdersi dietro le prime fioriture, contemplare la natura rinascere, anche in mezzo al cemento di Milano.

Il tempo perfetto per ricominciare a panificare. Mancavo a questo appuntamento da un po’. Per panificare ci vuole serenità. La mente sgombra di pensieri, il cuore più leggero. Negli ultimi tempi non è stato semplice avere lo spazio mentale necessario per impastare, sedere e aspettare. I giorni si sono susseguiti così veloci, col cuore in gola, a sbrogliare gli ingarbugliati gomitoli degli eventi – o, per meglio dire, degli accidenti. Cinque mesi vissuti vorticosamente, come dentro un’enorme centrifuga.

Grazie al cardiologo, e ad un piccolo problema di ripolarizzazione (risoltosi da solo, per fortuna), il mio cuore, il mio cervello ed io abbiamo tenuto un rapido consesso, al termine del quale ne siamo usciti con una mozione unitaria. Basta così, rallenta.

Il giusto freno sono state queste sofficissime Brioches al miele, senza lattosio (e quindi senza burro, nel caso foste già in modalità prova costume), che ho fatto lievitare in frigo perché, ahimè, mi sono accorta tardi di aver finito le uova e non ne avevo per spennellare prima di infornare. Questo piccolo inconveniente mi ha però dato l’occasione per provare un procedimento perfetto per le colazioni del weekend, che vi lascio. Si fa il venerdì sera, e si inforna il sabato mattina, per avere le brioches al miele già pronte per l’ora di colazione (solo che voi non vi sarete dimenticati le uova..).

Con queste quantità ne dovrebbero uscire una decina di dimensioni regolari. Questa volta io ho usato solo manitoba, ma solitamente mi piace farle come quelle del bar con della farina integrale – vi lascio qui sotto la versione “originale” semi integrale.

Brioches al miele 
Ingredienti:

Per la biga (da preparare la sera prima):
100 g farina manitoba
100 g acqua a temperatura ambiente
10 g lievito di birra fresco

Per l’impasto:
200 g farina manitoba
200 g farina integrale
2 uova (io medio grandi)
50 g latte di mandorle (se non avete problemi usate pure quello vaccino)
50 g zucchero semolato
40 g miele (io avevo a casa il millefiori, ma anche l’acacia va bene)
80 ml olio (di riso o di oliva, ma deve essere di oliva dolce)
un cucchiaino di essenza di vaniglia
un pizzico di sale

Per glassare:
un uovo e 50 ml di latte di mandorle
miele

Preparazione:

La sera prima preparate la biga mescolando in una ciotola i tre ingredienti (io sciolgo il lievito nell’acqua prima di incorporarla alla farina), e coprite con della pellicola. Lasciate a temperatura ambiente un’ora, per permettere al lievito di attivarsi.

Trascorsa l’ora riprendete la biga, mettetela in una ciotola più grande (o nella impastatrice – vi assicuro che fa la differenza!) e aggiungete le due farine (manitoba e integrale), lo zucchero e il miele, il pizzico di sale e l’estratto di vaniglia.
Sbattete leggermente le uova col latte di mandorle, e unitele al resto degli ingredienti, e iniziate a impastare.

Una volta che questi ingredienti si sono mescolati tra loro, completate l’impasto con l’olio, che va unito a filo mentre si continua ad impastare.
Il risultato sarà un impasto molto morbido, ma va benissimo così.

Trasferite l’impasto in una ciotola leggermente unta con dell’olio a far lievitare. Io l’ho lasciato così, coperto dalla pellicola, prima per un’oretta scarsa fuori, e poi in frigo tutta la notte. Potete però anche lasciarlo fuori, in questo caso attendete la lievitazione fino al raddoppio (a seconda della temperatura in casa vostra ci potrebbero volere un paio di ore).

Riprendete l’impasto, e con l’aiuto di un matterello stendete l’impasto in una lunga striscia alta una ventina di centimetri e spessa circa 1 cm. Se non riuscite, o avete un piano di lavoro piccolo, potete ovviamente dividere a metà l’impasto.
Tagliate dei triangoli con una base di circa 6/8 cm. Fare un piccolo taglietto a metà della base, e poi arrotolate le brioches al miele dando la forma classica della mezzaluna.

Mettete le brioches al miele così formate su una teglia coperta di carta forno, e lasciate lievitare ancora una mezz’ora (non serve coprirle) mentre il forno raggiunge la temperatura di 200 gradi.
Prendete un uovo, sbattetelo con poco latte di mandorla (tre cucchiai bastano) e spennellate la superficie delle brioches al miele. Potete decorarle con scaglie di mandorla, come ho fatto io, ma anche lasciarle così.

Cuocetele cinque minuti 200 gradi e poi altro 10 a 180 gradi.
Quando avranno finito di cuocere, attendete che si intiepidiscano e poi spennellatele con un po’ di miele.

Naturalmente potete mettere all’interno anche un po’ di miele come ripieno. Io non ne avevo abbastanza questa volta, ma la prossima ce lo metto di sicuro!