Della mia passione per la letteratura giapponese moderna ne ho già parlato qui. Vive dentro quelle parole una spiritualità che non è quella Occidentale. C’è una specie di dialogo ricorrente e mai interrotto tra la vita del mondo e quella di un altro mondo, tra la dimensione onirica e la realtà, tra il caso e il senso delle cose della vita.
Tutto guidato da un filo rosso che non si spezza.
Le cose non “capitano”, le cose avvengono perché ne abbiamo bisogno. E senza scomodare divinità o forze sovrannaturali, ma seguendo la natura del mondo, che è insieme molto terrena e molto ultra-terrena.
Vabbè, non so se vi ho convinto, ma comunque non era questo l’intento.
Era solo l’occasione per dire che finalmente sono riuscita a finire Le ricette della signora Tokue, un libro che ho iniziato e interrotto almeno dieci volte. Non perché non fosse bello; semplicemente, mi mancava il tempo. Adesso che sono tornata a frequentare i mezzi pubblici, mi avvinghio con una mano ai pali anticaduta (ma avranno anche loro un nome, no?) e con l’altra reggo i miei fedeli libri. Tutti quelli che negli ultimi tre anni non ho finito, perchè obiettivamente le vacanze sono troppo corte, e leggere mentre si guida.. non si fa.
Adesso che guida un altro, mi immergo nelle mie storie, che molto spesso mi parlano di Giappone.
Potreste pensare che ho un anelito verso questo Paese, o che l’ho visitato. Né l’una né l’altra cosa. Non ho mai avuto occasione di visitare il Giappone. Quando ci sarebbe stata la possibilità di andarci per lavoro, ci è andato chiunque tranne me, per la solita mia fortuna sfacciata. E le mille milioni di ore di aereo non mi rendono allettante il viaggio (soffro il mal d’aria, ahimè).
Però, per una ragione che non mi spiego, leggo tantissimi autori giapponesi moderni che, guarda caso, spesso parlano di cibo. Ma il cibo che non solo riempie lo stomaco, ma cura anche le ferite dell’anima.
I Dorayaki sono i protagonisti del libro, e sono insieme un riscatto di due paria della società. E di una ragazzina molto sola. Vi lascio l’idea di leggere il libro per scoprire perché. Però qui vi metto la ricetta dei Dorayaki alla mia maniera, che è molto occidentale perchè non solo non ho trovato il mirin, ma non sono nemmeno riuscita a trovare i fagioli azuki per fare la confettura, che è l’anima veramente giapponese dei dorayaki. Insomma, alla fine non sono proprio quelli del libro.
Però sono buoni, e sono alla portata di tutti. Comunque anche in Giappone oltre alla marmellata di azuki li farciscono con la crema pasticcera alla francese, quindi direi che non sono così lontana dalla ricetta originale.
Dorayaki (per 3 pezzi)
Ingredienti
110 gr farina 00
30 gr zucchero semolato
mezzo cucchiaino di miele
un cucchiaino di lievito
2 uova
50 ml latte
Nutella per farcire (ma anche crema pasticciera, marmellata..)
Preparazione
In una ciotola, rompete le uova e sbattetele rapidamente con lo zucchero e il miele.
Aggiungete la farina e il lievito setacciati, aggiungete anche il latte e mescolate con la frusta fino a che il composto non risulterà setoso e privo di grumi.
Fate riposare l’impasto 20 minuti, coperto da un canovaccio.
Scaldate una padella, ungetela leggermente con un filo di olio, e quando è ben calda mettete una cucchiaiata di impasto.
Appena si formeranno delle bollicine sulla superficie, potete girare dall’altra parte per qualche minuto.
Esattamente come per i pancakes.
Mettete un generoso cucchiaino di nutella sulla superficie di un pancake ancora caldo, e chiudetelo con un altro, premendo bene sui bordi per farli aderire.
A me piacciono ancora tiepidi, sono una vera goduria!